Un posto in prima fila

Che ci crediate o no, questo Shabbat deventiamo tutti dei profetini.

O dei grandi profeti, perché in effetti, la visione che D-o ci manda, non è alquanto piccola.

Si dice, che il Shabbat prima di Tisha Beav ci viene mostrato ad ognuno di noi, il Bet Hamikdash. Anche se non lo vediamo coi nostri occhi, le nostre anime ricevono una visione di quello che sarà il terzo Bet Hamikdash.

Per ricordarci ciò che ci spetta, per spingerci ad uscire dal nostro galut personale ma anche globale.

In parallelo, questo Shabbat inziamo a leggere il libro di Devarim.

Questo quinto libro si differenzia dai primi 4 in quanto il suo contenuto è dedicato alla generazione che sta per entrare nella terra d’Israele.

Non è più la storia del popolo ebraico. La storia della nascita di un popolo con un grande nome, ed una relazione con D-o che si sviluppa ogni giorno passo dopo passo, miracolo dopo miracolo.

Perché finora, gli ebrei avevano conosciuto D-o nella comodità dei miracoli, della spiritualità; anche dopo avere ricevuto la Torah su Sinai gli ebrei vengono coccolati con ogni bene di D-o, caduto dal cielo. Come la Manna ad esempio.

Ed è anche una delle ragioni per cui le spie che entrano in Israele tornano in lacrime. Là, dicono, dovremo lavorare duro.

Non è la terra dei miracoli, non ci sono le nuvole che ci portano la shechina di Hashem costantemente con noi. Niente Manna, e niente Moshe, se vuoi dirla tutta.

Nella terra santa dobbiamo darci da fare.

Dobbiamo lavorare la terra. Con le nostre mani.

E come faremo a combinare i nostri business con lo studio della Torah?

Come faremo a mantenere un’anima pura in mezzo all’immoralitá del mondo?

Ci perderemo.

Cadremo in basso.

Dovremo sudare, spingerci, motivarci, sforzarci.

Chi ci garantisce che il nostro amore verrà tutto riservato a D-o? O ci faremo forse infatuare dai desideri mondani.

Riusciremo a mantenere la nostra bussola diritta?

Troppi, tanti i rischi di cadere nel basso della materialità. Pensavano, forse giustamente, le nostre spie.

Ma non ci sono soddisfazioni, che non vengano senza rischi.

D-o lo sapeva bene. Il vostro scopo non è di rimanere nel deserto, non è di rimanere affianco alla santità del monte Sinai.

Ma va molto più in là, oltre i confini della ragione.

E sì, disse Hashem. Vi vedrò versare lacrime, vi guarderò mentre vi ponete migliaia di domande. Mentre vi troverete di fronte a scelte che non avrete voglia di prendere.

E vi aiuterò, a scegliere il bene.

Ecco, la Torah, i 4 libri che sono stati scritti finora, sono pieni di storie, di esempi, di precetti. Pronti ad illuminarevi. Saranno sempre la. Una verità che non scade.

Usatela.

Perché non c’è regalo più grande che avere la scelta di portare la spiritualità nella materialità di ogni giorno.

D-o c’ha promesso che alla fine, poi, riusciremo a vedere, riusciremo a capire.

Ci aprirà i nostri occhi blindati e le nostre anime troveranno conforto.

Si, quando ci porterà il terzo Bet Hamikdash.

Quello eterno.

Quello che non potrebbe esistere, senza la distribuzione dei primi due.

Come la gioia che arriva dopo il dolore. O meglio. Tramite il dolore.

E questo Shabbat quando andremo a dormire chiudendo gli occhi e beati, ci troveremo in un sogno che poi forse non è tanto lontano.

Shabbat Shalom,

E buona ‘visione’.

Mushki Piha Krawiec ♥️

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